Il diaframma determina la quantità di luce che passa al momento dello scatto. E' formato da alcune lamelle metalliche che scivolando su loro stesse determinano il diametro di un foro circolare più o meno ampio.
Il diaframma si apre e si chiude ad intervalli regolari che raddoppiano o dimezzano la quantità di luce che intendiamo far passare.Oltre a determinare la quantità di luce, il diaframma gestisce un altro fondamentale parametro della fotografia: la profondità di campo.

La profondità di campo rappresenta la porzione di spazio che risulta nitida in una foto.Una regola fondamentale da conoscere è quella per cui la profondità di campo si estende per un terzo davanti al soggetto messo a fuoco (verso noi che lo fotografiamo) e per due terzi dietro di lui. Questo vale con qualsiasi valore di diaframma impostato, a qualsiasi distanza dal soggetto.

Quando lo specchio si alza, nel momento esatto in cui scattiamo, le tendine dell'otturatore si mettono in moto lasciando passare la luce per un determinato periodo: il "tempo d'esposizione".
Il tempo d'esposizione obbedisce ad una scala che venne elaborata con un criterio simile a quello del diaframma affinché tra di loro vi fosse un nesso durante la misurazione dell'esposizione (che potete vedere nell'immagine).
Ogni valore è quindi la metà di quello che lo precede ed il doppio di quello successivo.
Ora sappiamo come gestire la quantità di luce che vogliamo vada ad impressionare la nostra pellicola. Abbiamo a disposizione due dispositivi: il diaframma, e l'otturatore. Il primo sfrutta lo spazio (quello in cui passano i raggi) il secondo il tempo. Se non è immediato capire come il diaframma produca effetti diversi sulle nostre foto (estensione della zone nitida) è più facile capire come l'otturatore, che agisce sui tempi, possa influire sulla resa di oggetti in movimento.
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